Ci crederesti che esistono studi psicologici dedicati all’abbigliamento? Ebbene sì! Siamo abituati a pensare che la psicologia sia una scienza che si concentra su quello che c’è dentro di noi e che quindi dovrebbe ignorare un fattore puramente esteriore come l’abbigliamento.
Il punto è che l’abbigliamento non è affatto un qualcosa di solo esteriore ma influenza l’immagine che abbiamo di noi stesse, gli atteggiamenti, persino i risultati.
Quando qualcuno mi dice che l’abbigliamento non è importante, mi ritrovo a sorridere. Evidentemente non hanno mai provato su di loro i benefici di vestirsi adeguatamente, altrimenti sarebbero consapevoli del grande impatto che l’abbigliamento ha anche su di loro.
L’abito, almeno in parte, fa il monaco – eccome.
Ma andiamo con ordine…
Gli studi di Lotze e James sugli effetti psicologici dell’abbigliamento
Se gli occhi “sono una finestra sulla nostra anima“ (Shakespeare), come ci vestiamo è il “grande schermo TV“, la rappresentazione della nostra autostima.
La prima associazione tra abbigliamento e comportamento la dobbiamo al filosofo tedesco Hermann Lotze. Lotze, in un suo libro edito nel 1856, sottolinea come il nostro atteggiamento viene influenzato da ciò che indossiamo. Gli uomini si sentono più virili indossando abiti maschili mentre le donne più femminili indossando abbigliamento fluente. E aggiunge anche che tutte le persone hanno la sensazione di assorbire le proprietà dei capi che indossano, siano essi rigidi oppure morbidi.
Per un’analisi psicologica propriamente detta, invece, dobbiamo aspettare la fine del 1800, gli anni in cui effettivamente la psicologia fu formalizzata come disciplina (per dare un riferimento, L’interpretazione dei Sogni di Sigmund Freud è del 1895).
Più o meno negli stessi anni William James, che è il padre della psicologia americana, pubblica il suo libro I Principi della Psicologia. Lì spiega la sua teoria del self e già in questo testo l’abbigliamento vede riconosciuta la sua importanza.
James asserisce infatti che tutti abbiamo, dentro di noi, due individui: uno che mostriamo al mondo e l’altro che teniamo per noi.
La parte che mostriamo al mondo è la nostra parte materiale, che consiste delle cose che ci appartengono oppure delle quali facciamo parte. Secondo James il “cuore“ della parte materiale è il corpo; in ordine di importanza poi vengono gli abiti, poi la famiglia e infine la casa.
Quindi il rapporto che hai con il tuo corpo, le cose che indossi, la persona che scegli di sposare o la casa dove vivi sono tutti elementi che compongono una parte importante della tua identità, del tuo “essere te”, e come tali influenzano anche il modo in cui ti vedi, la tua autostima.
Trovi curioso che James consideri l’abbigliamento più importante addirittura della famiglia o della propria casa, per formare l’immagine che si ha di sé? Non dovresti. Anche lui, come già Loetze, si era accorto che quello che indossi sulla tua pelle influenza i tuoi comportamenti.
“Noi siamo ciò che facciamo ripetutamente“ diceva Aristotele. “L’eccellenza non è un atto ma un’abitudine”. Sarai d’accordo con me che vestirsi è un’attività quotidiana. Come si può pensare, quindi, che non ci influenzi?
Ancora oggi, 130 anni dopo le teorizzazioni di James, lo stretto rapporto tra abiti e identità del sé continua ad essere confermato. Negli ultimi anni, d’altronde, non sono mancati studi concentrati proprio su questi aspetti, come ad esempio:
– The clothing makes the self via knowledge activation del 2002
– The Impact if workplace attire on employee self-perception del 2007
– …ed altri ancora.
Ne emerge un quadro interessante, che conferma come l’abbigliamento influenza un po’ tutto il modo in cui ci relazioniamo all’esterno – dal tipo di approccio che usiamo con gli altri, fino addirittura alla carriera lavorativa.
Dress to impress, oppure Dress to be?
L’importanza che anche la psicologia attribuisce all’abbigliamento dovrebbe farci riflettere su quanto sia vuota una certa retorica del “non importa come ti vesti”.
Importa eccome! Quando scegli cosa indossare:
In primo luogo, decidi di mandare un messaggio preciso agli altri, più o meno consapevolmente. E il messaggio potrebbe essere anche, paradossalmente, “non ritengo importante ciò che mostro”.
E poi perché noi tendiamo ad adattarci a ciò che indossiamo e questo avviene a tanti livelli diversi.
- Intanto, avremo un atteggiamento più formale, o più autoritario, se ci vestiremo in modo formale; più rilassato se ci vestiremo in modo casual (come confermato anche dalle ricerche citate!); e via discorrendo.
- Siamo influenzate anche dal colore che indossiamo: può renderci più serene, o darci la carica. Occupandomi anche di armocromia, ho ben presente anche il potere dei colori amici.
- E poi, cosa ancora più importante, sapere di essere vestite in modo adeguato ci aiuta a sentirci a nostro agio e a migliorare la nostra autostima.
L’idea più comune è che occorre vestirsi bene per fare una buona impressione all’esterno. A mio avviso non è un’idea scorretta, ma è parziale e non è la filosofia di abbigliamento che funziona di più. La formula del dress to impress, in altre parole, ha dei forti limiti e non è mai quella che consiglio.
Perché? Perché è un approccio rivolto all’esterno, e in quanto tale fragile.
Potresti pensare, ad esempio, che sia una buona idea indossare un abito da favola per una certa occasione, per far colpo sulle persone che incontrerai. Ma se la tua scelta terrà conto solo di “cosa impressiona gli altri” e non di cosa valorizza te, nella tua interezza, sia come personalità che come fisicità… beh, sarà una scelta comunque poco efficace.
Potresti sentirti in imbarazzo o non a tuo agio, e dall’esterno si noterà il tuo essere goffa.
Potrebbe essere un qualcosa di distante da come sei e ti senti, e trasmetterai un senso di artificiosità e affettazione, dando magari l’impressione di essere una persona poco sincera.
Ecco che serve, quindi, un approccio diverso.
Trovare il tuo stile, in accordo con il tuo modo di essere
Recuperando questo prezioso legame che c’è tra l’abbigliamento e la propria selfness (come avrebbe detto Lotze) o con la propria parte materiale (come avrebbe detto James), si può invece individuare quello che funziona davvero per ciascuna di noi.
Nei miei corsi e nelle consulenze che svolgo punto sempre sull’importanza di identificare un abbigliamento che ci rappresenti e che ci permetta di essere noi stesse nelle varie situazioni, in modo da allineare il nostro linguaggio del corpo (che è un gran chiacchierone 😉) con l’immagine che presentiamo al mondo.
Ovviamente, potrai declinare il tuo stile personale in modo diverso per le varie occasioni: più formali, oppure quotidiane, di lavoro o di relax.
I social network e il sistema dei media in genere ci inviano input su quello che dovremmo avere o fare, che tipo di abbigliamento dovremmo acquistare o indossare; ma il punto è: tu sai cosa funziona per te in base alla tua figura, alla tua personalità e al tuo stile di vita?
Fino a quando non diventerai consapevole di determinati aspetti, avrai come un elastico che ti tirerà da una parte o dall’altra e non vivrai davvero sulla tua pelle i benefici di uno abbigliamento che rispecchia il tuo stile.
La mia missione, da sempre, è insegnare a utilizzare l’abbigliamento come un mezzo di espressione del proprio sé, di aumento dell’autostima, di empowerment in senso lato.
E, come abbiamo scoperto oggi, lo ha sempre detto anche la psicologia, dai suoi esordi fino ad oggi.
Desideri avere il mio aiuto per scoprire cosa funziona per te e sentirti sempre al meglio?Questa risorsa può aiutarti a far emergere alcuni aspetti del tuo stile ancora latenti!