Recentemente sono stata in vacanza in un posto meraviglioso, Zanzibar: un’isola magica che mi è rimasta nel cuore per i colori, i profumi e per le donne Maasai.
Ero già entrata in contatto con i Maasai durante un’altra vacanza, circa 10 anni fa: avevo scoperto le loro tradizioni e cultura, un popolo di persone dedite alla pastorizia e provenienti dalla Tanzania, dal Kilimangiaro. Ero rimasta affascinate dalle loro vesti purpuree e dall’eleganza dei loro tratti.
E’ stato però a Zanzibar che sono entrata in contatto con le donne Maasai ( e i loro meravigliosi cuccioli ) con le quali ho avuto modo di parlare piuttosto a lungo.
Ho appreso la loro tradizione di venire marchiati da piccoli ( maschi e femmine ) sugli zigomi e di come vengono asportati i 2 incisivi inferiori( pratica derivata dal contagio del tetano che blocca le mandibole, asportando i 2 denti inferiori si creava un varco che permetteva di alimentare e curare il malato ).
Mi hanno raccontato di come sono la colonna portante della loro economia patriarcale ( accudiscono casa e figli, producono accessori, hanno l’economia domestica sulle loro spalle ). Alcune di loro mi hanno permesso di fotografarle in vari momenti, anche in quelli più intimi mentre allattano il loro cucciolo: il loro abbraccio prima della partenza mi è rimasto nel cuore.
Ho avuto il piacere di conoscere donne solari, con una eleganza e bellezza innata. Quando per caso ( e niente avviene per caso, lo sappiamo! ) ho letto del progetto che la stilista Marina Spadafora, ( oggi consulente di stile in Marni e in passato è stata in Ferragamo e Prada ) stava portando avanti con Oikos, l’ho contattata per saperne di più e lei, con grande disponibilità, ha accettato di raccontarci il suo progetto, che è in fase di start up.
La designer è da anni coordinatrice per l’Italia di Fashion Revolution, il movimento mondiale della moda etica e sostenibile nato dopo il crollo della palazzina di Rana Plaza (Bangladesh) che ha provocato la morte di oltre 1100 persone nell’ Aprile 2013.
“Scegliere cosa acquistiamo può creare il mondo che vogliamo: ognuno di noi ha il potere di cambiare le cose per il meglio e ogni momento è buono per iniziare a farlo”, commenta Marina Spadafora.
Mrn – Signora Spadafora lei è da anni impegnata nella moda etica, vuole raccontarci come è nata questa nuova sfida e perché la scelta di prodotti realizzati dalle donne Maasai?
MS – Mi occupo di moda etica da 10 anni . Il mio percorso è iniziato come risposta a un desiderio profondo di poter utilizzare la mia professionalità come mezzo per migliorare le condizioni dell’ambiente e delle persone. Il mio desiderio è stato ascoltato e con mia grande felicità sono riuscita a realizzare molti progetti di moda etica che hanno beneficiato un grande numero di comunità.
Grazie all’insegnamento sono anche riuscita a raggiungere molti ragazzi e a installare in loro i semi della coscienza sostenibile.
L’istituto Oikos mi ha contattata per il progetto Terra e quando mi hanno spiegato l’idea di trasformare le pelli degli animali che i Maasai vendono al mercato in valore aggiunto attraverso la concia vegetale e la creazione di borse mi sono subito innamorata del progetto ed ho accettato di partecipare.
Mrn – In cosa consisterà la linea dei prodotti e come verrà commercializzata?
MS – Si tratta di borse e oggetti in pelle creati dalle donne Maasai, veramente molto belli; siamo in procinto di trovare canali commerciali sia nel continente africano che all’estero per commercializzarli.
Mrn – Ci racconta quali sono le caratteristiche che differenziano il pellame maasai rispetto ad altro pellame che viene normalmente utilizzato in pelletteria?
MS – La differenza tra la pelle Maasai e la pelle comunemente usata nel commercio attuale è nella concia vegetale. Le pelli sono interamente trattate con elementi naturali che rendono il processo completamente biodegradabile e eco friendly.
L’aspetto finale è naturale e si sente al tatto che nulla di chimico è stato utilizzato.
Mrn – Ho appreso che lei guiderà un gruppo di 25 donne Maasai: quali sono le principali caratteristiche e abilità che ha riscontrato in loro?
MS – Le donne Maasai sono grandi lavoratrici. Imparano velocemente e hanno una predisposizione solare e proattiva.
Vivono in condizioni molto difficili e ciò nonostante sono sempre allegre e di buon umore.
Spero vivamente che questo progetto le aiuti a guadagnare il sostentamento per loro e le loro famiglie come è stato fatto con il progetto Maasai Women Art di gioielli capitanato da Marina Tati che risiede da anni in Tanzania.
Questo progetto oggi dà lavoro a centinaia di donne ed è autofinanziato grazie alle vendite locale e online.
Ringrazio di cuore Marina Spadafora di averci raccontato il suo nuovo progetto e le ho anche strappato la promessa di aggiornarci a breve,magari mostrandoci già qualche accessorio prodotto dalle donne Maasai 🙂
A causa della siccità, la popolazione Maasai sta attraversando la peggiore crisi di sempre. Il progetto di Marina Spadafora con Oikos permetterebbe di creare una fonte di reddito per il sostentamento, aka per non fare la fame. Il know how italiano ( la stilista come direttrice creativa del progetto, l’istituto Oikos, la conceria toscana Newport ) unito per dimostrare come l’etica può diventare impresa. La lavorazione della pelle è una tradizione maasai che ha radici molto antiche, messa da parte dopo l’invasione di prodotti cinesi in Africa e con questo progetto viene recuperata.
Sono assolutamente d’accordo con la stilista e fermamente convinta che ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare molto: basta decidere di opporsi al fast fashion, al mordi e fuggi prodotto, spesso, da persone e/o minori che vengono ahimè sfruttati, e con materiali di scarsa qualità.
Dobbiamo recuperare il riuso del nostro abbigliamento, acquistandolo con maggiore consapevolezza ( di noi, di ciò che vogliamo,di quello che vogliamo comunicare, ecc. ) e con l’intento di usarlo a lungo, come avveniva qualche decennio fa, ne ho parlato anche qui.
Personalmente ho fatto già da tempo la scelta di comprare meno e meglio, con molti meno capi nell’armadio, applicando nel quotidiano l’uso della capsule, della quale ti ho parlato qui.
Diventando consumatori consapevoli evitiamo di intossicare la pelle e diamo il nostro contributo per un minore impatto ambientale.
E tu da cosa potresti iniziare per dare il tuo contributo?